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lunedì 17 giugno 2019

La necropoli a tumuli di Montabone della popolazione preromana degli Statielli.

Gli Statielli erano la popolazione celto-ligure che occupava gran parte della provincia di Alessandria (praticamente la zona a sud del Tanaro fino ai fiumi Scrivia e Orba) prima della dominazione Romana. Il loro stesso nome, deriva dalla radice stat ossia abitanti originari. Famosi per il genocidio perpetrato dai Romani nei loro confronti, ne parleremo un'altra volta.

Questo post è preso con permesso qui: 
https://leradicideglialberi.blogspot.com/2019/06/le-ceneri-degli-statielli-la-necropoli.html

Il I Giugno ha inaugurato l'interessantissima mostra "LE CENERI DEGLI STATIELLI" al museo archeologico di Acqui e resterà aperta fino al 23 febbraio 2020, sulla necropoli a tumuli di Montabone. La Necropoli fu scoperta nel 2008 in occasione della costruzione del metanodotto Snam Rete Gas Mortara-Cosseria. Le indagini archeologiche ( 2008-2010) hanno interessato l'intero sepolcreto, composto da 17 sepolture. La necropoli di Montabone, riferibile ad una comunità di Ligures Statielli, l'antico popolo preromano che nel I millennio a.C. abitava il territorio dell'Alessandrino, è molto importante per la conoscenza della seconda età del Ferro nel Piemonte meridionale, in quanto è stata ritrovata intatta ed è stata indagata con le metodologie di scavo e di documentazione più aggiornate. Lo studio dei corredi è stato accompagnato da una serie di analisi che forniscono molti dati non solo sui rituali funerari di questa comunità, ma anche circa l'ambiente in cui viveva ed il suo tenore di vita.

Visto che al momento non è disponibile un catalogo abbiamo pensato fosse utile pubblicare le foto della mostra e di tutti i cartelli esplicativi, veramente interessanti. Aprire e salvare le immagini in alta risoluzione per leggere i testi.





















martedì 10 luglio 2018

San Colombano, la difficile cristianizzazione e la persistenza del paganesimo nell'alto medioevo nel tortonese

Parleremo poi di come in Monferrato ancora nell'anno 1000 il paganesimo fosse vivo e difficile da sradicare nelle campagne e nei villaggi. Difficile però trovare testimonianze di veri e propri santuari. Una ce la da il beato Giona da Bobbio (Jonas Bobiensis Susa, 600 circa – Chalon-sur-Saône, 659 circa) nella sua "Vita di San Colombano e dei suoi discepoli". Il monaco ci racconta che: <...il monaco Meroveo, inviato a Tortona dal Beato Attala, arrivò in quella città, ma l'affare per il quale era venuto lo condusse alquanto lontano dal suo itinerario, finchè giunse in un villaggio in riva al fiume Iria.>


Nella foto sopra i resti di altari e idoli celtici in un tempio boschivo. Purtroppo ci è rimasto pochissimo perchè i galli non rappresentavano quasi mai i loro dei e spiriti e se lo facevano usavano il legno che si decompone velocemente. Nella foto sotto un tempio boschivo in Russia. Sia nelle repubbliche baltiche sia in Russia ancora oggi possiamo trovare piccole radure adornate con idoli boschivi che sono sopravvissute al tardo avvento del cristianesimo attraverso il folklore.

Il fiume Iria potrebbe essere lo Staffora oppure lo Scrivia, ma si è generalmente portati a prendere la prima ipotesi, in quanto il nome Voghera dovrebbe proprio prendere il suo nome da Vicus - Iria. In ogni caso Tortona sorge sul corso dello Scrivia e lo Staffora poco distante, entrambi i fiumi risalgono le valli appenniniche. Proseguendo con il racconto Meroveo trovò in questo villaggio un santuario che sorgeva tra gli alberi con degli idoli e degli altari. Incominciò ad accatastarli come per formare una pira e vi diede fuoco, solo che gli abitanti del villaggio se ne accorsero e riuscirono a prenderlo e a bastonarlo a lungo. Già malconcio venne poi gettato nel fiume Iria, ma l'acqua non accettva il suo corpo anche se il monaco era deciso a ricevere la morte per una causa giusta. Vedendo che la misericordia del signore lo proteggeva i terribili pagani della valle Staffora (o Scrivia) ebbero un'idea: coricarono Meroveo sull'acqua e lo coprirono di legna di modo che il legno lo sommergesse. Anche questo però non funzionò e quando essi se ne andarono pensando di aver lasciato un cadavere il beato si levò indenne dal fiume e se ne andò.

San Colombano riprodotto in una vetrata

Sia la presenza del santuario nel folto del bosco (il nemeton gallico),z sia la condanna dei sacrileghi all'annegamento ci rimandano alla tradizione celtica (come del resto molti toponimi di queste zone) e Giorgio Fumagalli nel suo "Sacre radure dei Celti" attribuisce questo medhelanon alle tribù celto-liguri degli Anamari, ipotizzando che si trattasse della radura di Medassino, oggi frazione di Voghera. Non possiamo esserne certi ma sappiamo che nel VII secolo (Attala subentrò a San Colombano alla sua morte avvenuta nel 615) da queste parti il paganesimo era ancora una religione popolare. Un'altra cosa a cui spesso non pensiamo è che queste zone d'Italia furono cristianizzate da monaci irlandesi come San Colombano, santo cattolico che incorporò in esso molte usanze celtiche. Egli infatti passò diversi anni nel monastero di Bangor (Irlanda del Nord) nel quale si dedico alla preghiera, alla disciplina ascetica e allo studio degli antichi testi grazie ad alcuni dei quali ci è giunto molto sulle usanze druidiche pre-cristiane. Dei monaci di questo monastero era caratteristica anche la veste bianca, che li rendeva sia simili ai monaci orientali ma anche agli antichi druidi, rimarcando agli occhi dei Celti il carattere di sacralità di questi uomini.

bibliografia:
Giona da Bobbio: "Vita di San Colombano e dei suoi discepoli" Jaca Book.
Giorgio Fumagalli: "Sacre radure dei Celti" Collana Storica.

Links:
San Colombano: https://it.wikipedia.org/wiki/Colombano_di_Bobbio
Giona da Bobbio: https://it.wikipedia.org/wiki/Giona_di_Bobbio
Fiume Staffora: https://it.wikipedia.org/wiki/Staffora

domenica 25 dicembre 2016

3) Storia antica: il periodo celtico.

Risulta ben documentata la compresenza di popolazioni liguri e poi celtiche nella zona, ma risulta molto difficile stabilire l'appartenenza dei diversi gruppi ad una delle due culture, per la stretta similitudine di usi e costumi. In alcuni casi le tribù celtiche scacciarono le tribù liguri sulle montagne vicine, in altri si fusero completamente.
Come si diceva nel capitolo precedente già con La tomba di Alessandria, con le Culture di Canegrate e le Facies Alba-Solero, la partecipazioni di queste popolazioni alla famiglia delle lingue celtiche a cui appartiene anche il Ligure, è dimostrato che ci fosse una certa omogeneità tra le popolazioni cisalpine e transalpine e che molte di queste culture siano da considerare come proto-celtiche cisalpine autoctone. E' però con l'inizio del V secolo a.c. che i primi piccoli gruppi celtici dediti al saccheggio e poi le invasioni galliche fanno crollare il sistema commerciale etrusco che per un breve periodo resistette in quest'area. Le popolazioni locali si mischiano con i transalpini nelle vallate oppure si arroccano nelle vallate appenniniche. L'economia si impoverisce basandosi su pastorizia e mercenariato (1).

E' da notare però che la continuità dei rapporti commerciali e la riorganizzazione socio-economica delle comunità contribuiscono alla formazione delle principali etnie preromane della liguria interna come gli Statielli (2). Essi erano le popolazioni della valle Bormida con centro ad Acqui Terme (dal toponimo romano Aquae Statiellae) e la radice indoeuropea di questa denominazione stayo che significa "indigeni", "che occupano il territorio" ne indica la loro origine locale (3). L'area di Tortona era abitata dai Derthonini (da cui Derthona e poi Tortona) probabilmente liguri, Villa del Foro era abitata da genti celtiche locali e d'oltralpe, mentre nella zona attualmente occupata dall'agglomerato urbano di Alessandria si trovavano i Maricii dei quali ci sono arrivate poche e confuse testimonianze dagli autori classici Plinio e Polibio. Il primo li considera Liguri e il secondo Celti, tanto la differenza era poco. Insieme ai Laevi fondarono Pavia (4). Da essi il toponimo Pietra Marazzi (Petra Mariciorum), l'antica porta Marica nelle mura di Alessandria e il toponimo Bosco Marengo (Lucus Maricorum) e quindi forse Marengo deriverebbe proprio dai Marici e non è chiaro se Marici e Anamari fossero lo stesso popolo

Prosegue in 4) Storia Antica: la conquista romana.

Leggi le parti precedenti: 
1) Storia antica: paleolitico e neolitico 
2) Storia antica: età del Rame e del Ferro


1) "Ligures Celeberrimi", 2004, pag 29-48
2) "Archeologia in provincia di Alessandria", Marica Venturino Gambari, pag.10
3) "Museo di Acqui Terme 2002, pag. 30-32
4) "Naturalis Historia (III, 124)" Plinio il Vecchio

2) Storia antica: età del Rame e del Ferro.

Durante l'età del Rame (3500 - 2200 a.c.) diversi aspetti culturali si incrociano in Piemonte e gli usi funerari testimoniano la formazione di élite dominanti distinte da ricchi ornamenti. Tra i ritrovamenti ricordiamo l'ascia da battaglia di Carentino, i pugnali in selce alpina di Frassineto, Villa del Foro e Sant'Agata Fossili e poi man mano sempre più metallo: pugnali, asce ed alabarde.

Nell'antica età del bronzo (2200 - 1700 a.c.) la densità demografica è ancora molto bassa, ma con la media  e recente età del bronzo (1700 - 1200 a.c.) si verifica una progressiva occupazione di terrazzi fluviali  (Acqui Terme, Castel Ceriolo, Castellazzo) e alture dotate di visibilità sul territorio (Monte Castello, Tortona, Guardamonte) con un popolamento sparso e con forme economiche semplici. Agricoltura e controllo dei percorsi fluviali e di crinale, con sfruttamento dei pascoli in quota. Importantissimo in questo periodo è il passaggio dall'inumazione alla cremazione secondo il rito della Cultura dei Campi di Urne. La tomba di Alessandria (loc. Cascina Chiappona) ne rappresenta una delle più antiche attestazioni (1450-1350 a.c.) e testimonia l'omogeneità di queste popolazioni e quelle d'oltralpe. In questo periodo si formano gruppi culturali ben caratterizzati: Cultura di Canegrate e Facies Alba-Solero che a cavallo tra la fine dell'età del bronzo e l'inizio dell'età del ferro daranno origine ai principali popoli preromani (proto-celti) dell'Italia nord-occidentale: Insubri, Taurini, Salassi e Liguri (o Liguri dell'età del ferro). (1) Il legame con le aree transalpine della cultura dei Tumuli, già evidente durante l'età del bronzo negli ornamenti e negli armamenti indica anche dal punto di vista linguistico la partecipazioni di queste popolazioni alla famiglia delle lingue celtiche a cui appartiene anche il Ligure (2). La fine dell'età del Bronzo è caratterizzata dal consolidarsi del controllo delle vie di comunicazione fluviali e terrestri tra costa ligure, pianura padana e aree transalpine al cui centro si trova appunto il nostro territorio: necropoli di Morano sul Po, Insediamenti di Montechiaro, Montecastello, Guardamonte, Fonti di Villaromagnano.

Il ruolo strategico dell'alessandrino è ancora più evidentedurante l'età del ferro. Gli etruschi favoriscono la crescita delle popolazioni celto-liguri locali con un sistema commerciale tra l'etruria padana e centri proto-urbani di Golasecca. Gli insediamenti più importanti sono quelli di Tortona, Montecastello, Frascaro e Villa del Foro. La fondazione sulla costa di fondazioni coloniali etrusche a Genova e Savona (ricordate dalle fonti romane come "empori dei liguri") però ostacola le popolazioni locali a formare centri urbani, a creare un'aristocrazia locale e un sistema autonomo di scrittura (3)

Con l'arrivo dei gruppi Celtici transalpini finisce il breve periodo del sistema commerciale etrusco in quest'area,

Prosegue in 3) Storia antica: il periodo Celtico
Leggi la prima parte: 1) Storia antica: paleolitico e neolitico

1) Ligures Celeberrimi, 2004, pag 11.21)
2) "Archeologia in provincia di Alessandria", Marica Venturino Gambari, pag.9
3) "Archeologia in provincia di Alessandria", Marica Venturino Gambari, pag.10